Immaginare che il futuro di una bambina possa essere deciso da altri, spesso senza amore e senza rispetto, è qualcosa che fa male. Eppure, per molte giovani in Uganda, questa non è un’ipotesi lontana: è una realtà che incontriamo ogni giorno a Mahyoro e in molte altre comunità dell’Africa orientale.
La tratta di esseri umani è un fenomeno che colpisce soprattutto bambine e adolescenti, illuse o costrette a lasciare la propria casa con la promessa di un futuro migliore. Dietro quelle parole rassicuranti si nasconde spesso sfruttamento, violenza, lavoro forzato o matrimoni imposti.
In Uganda, troppo frequentemente, tutto inizia con quella parola che dovrebbe essere un gesto d’amore: “matrimonio”. Ma quando una bambina viene data in sposa a 12 o 13 anni, senza possibilità di scegliere, non è tradizione: è una forma di abuso che apre la porta alla tratta e alla perdita di libertà. Molte famiglie, segnate dalla povertà e dall’assenza di istruzione, vengono ingannate da chi promette protezione, soldi o un futuro migliore per le loro figlie. È proprio l’analfabetismo a diventare il terreno più fertile per questa violazione di diritti.
Le finalità della tratta di persone in Uganda

Fonte. Padre Fred
Ecco perché la scuola diventa la prima barriera contro la tratta. La St. Theresa Vocational Secondary School, nel cuore di Mahyoro, rappresenta un luogo dove le bambine e i ragazzi scoprono possibilità nuove, imparano a riconoscere i pericoli e ricevono gli strumenti per difendersi. Qui non si insegna solo una professione: si insegna la libertà di scegliere chi essere.
Atlas cammina da anni accanto alla St. Theresa, sostenendo con impegno e continuità una scuola che non forma solo studenti, ma cittadini consapevoli. Non è semplice “fare scuola”: è proteggere, prevenire, responsabilizzare e costruire futuro in un territorio dove l’alternativa, troppo spesso, è l’abbandono o la fuga.

Suor Edith
È per questo che Suor Edith e Padre Frederick Tusingire sono oggi in Italia: per far conoscere questa realtà, per sensibilizzare, per creare alleanze e per costruire ponti di prevenzione. Sono qui per condividere la forza di una comunità che non vuole arrendersi.
Come Atlas Solidarity, crediamo che la prevenzione inizi dall’origine. Se una bambina può studiare, informarsi, scegliere e costruire una vita dignitosa nel proprio Paese, diminuisce anche il rischio che un domani venga ingannata e portata in Europa, dove troppo spesso finisce intrappolata nella prostituzione o nello sfruttamento. Educare in loco significa proteggere qui e altrove. Significa agire alla radice del problema, non solo affrontarne le conseguenze.
Di fronte alla tratta, non possiamo girarci dall’altra parte. Sapere e non agire significa, in qualche modo, accettare che continui. La consapevolezza è il primo passo. Il secondo è scegliere da che parte stare: da quella della libertà. La consapevolezza è il primo passo. Il secondo è scegliere da che parte stare: da quella della libertà.




